25 febbraio 2009

A Mantova

Devo fare la valigia, finire una traduzione, prepararmi della roba per le conferenze e dormire dopo 12 ore di lavoro (e quelle che mi aspettano). Non prendetevela se vi saluto di fretta, visto che parto già domattina.
Ci vediamo là, se mi cercate perché volete esprimermi il vostro affetto mi trovate allo stand BD (cosa nuova) a placare i nerd o in sala conferenze (come ogni anno) a moderare l'immoderabile, se vi devo dei soldi allora tutto quello che ho scritto qui è solo una bugia per depistarvi.

21 febbraio 2009

Bei fumetti



Qualche settimana fa ero riuscito a ritagliarmi del tempo da dedicare alla lettura. Tra esami e lavoro purtroppo avevo allungato ulteriormente la già alta pila di fumetti sul comodino (immaginario, perchè non ci entrerebbero, e quindi i fumetti in attesa di lettura giacciono nella libreria). Quando mi ero finalmente deciso a parlare sul blog delle mie letture, il tempo libero si era nuovamente esaurito. Ma non riesco più a sopportare la visione di parte di questo post archiviato come "bozza" nel pannello di controllo di blogger, e faccio uno sforzo prima di crollare a letto dopo una settimana piuttosto pesante dandovi sì dei consigli su quello che mi è piaciuto, ma in forma di pillole. Chissà che non diventi un appuntamento fisso.

LMVDM
Finalmente, dopo mesi in attesa del "momento giusto", ho letto il nuovo libro di Gipi. A volte si dice dei romanzi: è un libro che ti resta dentro. E devo dire che anche per un romanzo a fumetti si può usare la stessa formula. La mia vita disegnata male è intelligente, toccante, spiritoso, ricco di spunti e di idee, sviluppato su tanti piani narrativi che credo nemmeno Gipi stesso abbia potuto immaginare coscientemente nella realizzazione. Ed è anche per questo che Gipi è un grande autore. Forse per questioni di identificazione preferisco ancora S., ma questo credo sia il capolavoro della maturità compiuta. Una bella e approfondita analisi la trovate qui.

Joker
Meraviglia per gli occhi e storia hard boiled ambientata alla corte di Joker. Tanto veloce e ben ritmata che sembra finire subito, se non fosse che non si può fare a meno di soffermarsi sui disegni di Lee Bermejo: ogni vignetta è studiata e ragionata. Poteva essere ancora più cruda (dalle immagini circolanti in rete mancanti nel libro pare ci si sia trattenuti) ma è una bella crime story in puro stile Azzarello.

Wolverine: Get Mystique - Scalped vol.2
Un altro autore che tengo d'occhio con piacere è Jason Aaron. Ha un gran senso del ritmo e già una sua personalità, le sue storie hanno il retrogusto del metallo (piombo o adamantio che sia) e un pizzico di sensualità. Get Mystique è la prima saga di Wolverine che mi ha davvero entusiasmato e divertito dopo il ciclo Millar & Romita Jr, con caratterizzazioni azzeccate, zero moralismi e risvolti interessanti, e Scalped è davvero intrigante e sorprendente, oltre che crudo e autentico.

Cronache Birmane
Sempre meglio, Delisle: sempre più padrone del suo stile, sempre più in bilico tra umorismo da turista spaesato e denuncia sociale da reportage. Cronache Birmane si legge con piacere e indignazione allo stesso tempo, è meno noiosetto di Shenzen e ancora più brillante di Pyongyang.

Escapisti

Altro centro nel bersaglio per l'autore di Y The Last Man, Pride of Baghdad e tanto altro. Vaughan non ne sbaglia una, e Gli Escapisti è un vero e proprio tributo, una dichiarazione d'amore al fumetto e alla vita. Un gruppo di amici decide di rilanciare il personaggio inventato da Kavalier & Clay con una nuova serie in stile moderno, ma una multinazionale si accorge del loro successo e decide di diventare la loro arci-nemesi. Tre storie corrono in parallelo tra rimandi e strizzate d'occhio che comunque non impediscono di godersi la lettura a chi non è un nerd.

18 febbraio 2009

YES WE END



E oggi, poi, magari non ve ne sarete accorti, e magari i telegiornali non ne parleranno a dovere, ma abbiamo assistito alla condanna di colpevolezza di un corrotto che però non è stata accompagnata da quella del corruttore. Ennesimo paradosso italiano, per cui dobbiamo ringraziare sempre Lui. No, non Lui, l'altro lui.

16 febbraio 2009

Peppino Impastato - Sì, vabé, ma l'introduzione?



Giusto. Non l'ho ancora scritto da nessuna parte... l'introduzione del libro è di Lirio Abbate. L'ho ricevuta pochi minuti fa, l'ho letta con grande curiosità, e come prevedevo, non sono rimasto deluso. Lirio è un grande professionista, una persona stimolante e ispiratrice, con cui ho avuto il piacere di lavorare, anche se per poche settimane, all'Ansa. Sarebbe forse persino riduttivo dire che la sua forza risieda nell'essere una delle rare persone apertamente contro la mafia, senza se e senza ma, tanto da dover pagare con un quotidiano sacrificio di una vita "normale", per la necessità di circolare con una scorta, da quando le minacce dei mafiosi si sono fatte gravi e pesanti. Lirio è anche una delle poche figure che in questi ultimi anni sonnolenti di Palermo è riuscito a risvegliare - seppur forse brevemente, ahinoi - la coscienza e l'attenzione degli abitanti consapevoli e informati del capoluogo, come avrete letto o sentito.
Prima, anche cronologicamente, di tutto questo, Lirio è da anni un cronista che non si tira indietro, una delle firme più seguite in Sicilia e in Italia e il co-autore di "I Complici" con Peter Gomez, un libro che non può lasciare indifferenti per come svela e ricollega i tanti fatti di mafia recenti e recentissimi costruendo una ragnatela inquietante a cui i giornali spesso accennano troppo superficialmente (è chiaro, anche per motivi di tempi e spazi... ma non solo).

Potete immaginare quindi quanto sia contento di questo contributo e onorato da questa disponibilità e di quanto cresca la mia attesa per la reazione dei lettori a questo libro su cui io e Lelio abbiamo investito tanto.

8 febbraio 2009

Senza vergogna (2)

Per chi non ha voglia di leggere.

Senza vergogna

da Repubblica.it. Non ho altro da aggiungere.

Non poteva esserci
scempio più atroce

di EUGENIO SCALFARI

Il caso Englaro appassiona molto la gente poiché pone a ciascuno di noi i problemi della vita e della morte in un modo nuovo, connesso all'evolversi delle tecnologie. Interpella la libertà di scelta di ogni persona e i modi di renderla esplicita ed esecutiva. Coinvolge i comportamenti privati e le strutture pubbliche in una società sempre più multiculturale. Quindi impone una normativa per quanto riguarda il futuro che garantisca la certezza di quella scelta e ne rispetti l'attuazione.

Ma il caso Englaro è stato derubricato l'altro ieri da simbolo di umana sofferenza e affettuosa pietà ad occasione politica utilizzabile e utilizzata da Silvio Berlusconi e dal governo da lui presieduto per raggiungere altri obiettivi che nulla hanno a che vedere con la pietà e con la sofferenza. Non ci poteva essere operazione più spregiudicata e più lucidamente perseguita.

Condotta in pubblico davanti alle televisioni in una conferenza stampa del premier circondato dai suoi ministri sotto gli occhi di milioni di spettatori.
Non stiamo ricostruendo una verità nascosta, un retroscena nebuloso, una opinabile interpretazione. Il capo del governo è stato chiarissimo e le sue parole non lasciano adito a dubbi. Ha detto che "al di là dell'obbligo morale di salvare una vita" egli sente "il dovere di governare con la stessa incisività e rapidità che è assicurata ai governanti degli altri paesi".

Gli strumenti necessari per realizzare quest'obiettivo indispensabile sono "la decretazione d'urgenza e il voto di fiducia"; ma poiché l'attuale Costituzione semina di ostacoli l'uso sistematico di tali strumenti, lui "chiederà al popolo di cambiare la Costituzione".

La crisi economica rende ancor più indispensabile questo cambiamento che dovrà avvenire quanto prima.
Non ci poteva essere una spiegazione più chiara di questa. Del resto non è la prima volta che Berlusconi manifesta la sua concezione della politica e indica le prossime tappe del suo personale percorso; finora si trattava però di ipotesi vagheggiate ma consegnate ad un futuro senza precise scadenze. Il caso Englaro gli ha offerto l'occasione che cercava.

Un'occasione perfetta per una politica che poggia sul populismo, sul carisma, sull'appello alle pulsioni elementari e all'emotività plebiscitaria.

Qui c'è la difesa di una vita, la commozione, il pianto delle suore, l'anatema dei vescovi e dei cardinali, i disabili portati in processione, le grida delle madri. Da una parte. E dall'altra i "volontari della morte", i medici disumani che staccano il sondino, gli atei che applaudono, i giudici che si trincerano dietro gli articoli del codice e il presidente della Repubblica che rifiuta la propria firma per difendere quel pezzo di carta che si chiama Costituzione.

Quale migliore occasione di questa per dare la spallata all'odiato Stato di diritto e alla divisione dei poteri così inutilmente ingombrante? Non ha esitato davanti a nulla e non ha lesinato le parole il primo attore di questa messa in scena. Ha detto che Eluana era ancora talmente vitale che avrebbe potuto financo partorire se fosse stata inseminata. Ha detto che la famiglia potrebbe restituirla alle suore di Lecco se non vuole sottoporsi alle spese necessarie per tenerla in vita.

Ha detto che i suoi sentimenti di padre venivano prima degli articoli della Costituzione. E infine la frase più oscena: se Napolitano avesse rifiutato la firma al decreto Eluana sarebbe morta.

Eluana scelta dunque come grimaldello per scardinare le garanzie democratiche e radunare in una sola mano il potere esecutivo e quello legislativo mentre con l'altra si mette la museruola alla magistratura inquirente e a quella giudicante.

Questo è lo spettacolo andato in scena venerdì. Uno spettacolo che è soltanto il principio e che ci riporta ad antichi fantasmi che speravamo di non incontrare mai più sulla nostra strada.

Ci sono altri due obiettivi che l'uso spregiudicato del caso Englaro ha consentito a Berlusconi di realizzare.
Il primo consiste nella saldatura politica con la gerarchia vaticana; il secondo è d'aver relegato in secondo piano, almeno per qualche giorno, la crisi economica che si aggrava ogni giorno di più e alla quale il governo non è in grado di opporre alcuna valida strategia di contrasto.

Dopo tanto parlare di provvedimenti efficaci, il governo ha mobilitato 2 miliardi da aggiungere ai 5 di qualche settimana fa. In tutto mezzo punto di Pil, una cifra ridicola di fronte ad una recessione che sta falciando le imprese, l'occupazione, il reddito, mentre aumentano la pressione fiscale, il deficit e il debito pubblico. Di fronte ad un'economia sempre più ansimante, oscurare mediaticamente per qualche giorno l'attenzione del pubblico depistandola verso quanto accade dietro il portone della clinica "La Quiete" dà un po' di respiro ad un governo che naviga a vista.

Quando crisi ingovernabili si verificano, i governi cercano di scaricare le tensioni sociali su nemici immaginari. In questo caso ce ne sono due: la Costituzione da abbattere, gli immigrati da colpire "con cattiveria".

Il Vaticano si oppone a quella "cattiveria" ma ciò che realmente gli sta a cuore è mantenere ed estendere il suo controllo sui temi della vita e della morte riaffermando la superiorità della legge naturale e divina sulle leggi dello Stato con tutto ciò che ne consegue. Le parole della gerarchia, che non ha lesinato i complimenti al governo ed ha platealmente manifestato delusione e disapprovazione nei confronti del capo dello Stato ricordano più i rapporti di protettorato che quelli tra due entità sovrane e indipendenti nelle proprie sfere di competenza. Anche su questo terreno è in atto una controriforma che ci porterà lontani dall'Occidente multiculturale e democratico.

Nel suo articolo di ieri, che condivido fin nelle virgole, Ezio Mauro ravvisa tonalità bonapartiste nella visione politica del berlusconismo. Ha ragione, quelle somiglianze ci sono per quanto riguarda la pulsione dittatoriale, con le debite differenze tra i personaggi e il loro spessore storico.

Ci sono altre somiglianze più nostrane che saltano agli occhi. Mi viene in mente il discorso alla Camera di Benito Mussolini del 3 gennaio 1925, cui seguirono a breve distanza lo scioglimento dei partiti, l'instaurazione del partito unico, la sua identificazione con il governo e con lo Stato, il controllo diretto sulla stampa. Quel discorso segnò la fine della democrazia parlamentare, già molto deperita, la fine del liberalismo, la fine dello Stato di diritto e della separazione dei poteri costituzionali.

Nei primi due anni dopo la marcia su Roma, Mussolini aveva conservato una democrazia allo stato larvale. Nel novembre del '22, nel suo primo discorso da presidente del Consiglio, aveva esordito con la frase entrata poi nella storia parlamentare: "Avrei potuto fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco di manipoli".

Passarono due anni e non ci fu neppure bisogno del bivacco di manipoli: la Camera fu abolita e ritornò vent'anni dopo sulle rovine del fascismo e della guerra.
In quel passaggio del 3 gennaio '25 dalla democrazia agonizzante alla dittatura mussoliniana, gli intellettuali ebbero una funzione importante.
Alcuni (pochi) resistettero con intransigenza; altri (molti) si misero a disposizione.

Dapprima si attestarono su un attendismo apparentemente neutrale, ma nel breve volgere di qualche mese si intrupparono senza riserve.
Vedo preoccupanti analogie. E vedo titubanze e cautele a riconoscere le cose per quello che sono nella realtà. A me pare che sperare nel "rinsavimento" sia ormai un vano esercizio ed una svanita illusione. Sui problemi della sicurezza e della giustizia la divaricazione tra la maggioranza e le opposizioni è ormai incolmabile. Sulla riforma della Costituzione il territorio è stato bruciato l'altro ieri.

E tutto è sciaguratamente avvenuto sul "corpo ideologico" di Eluana Englaro. Non ci poteva essere uno scempio più atroce.