10 febbraio 2006

La cartuccia di Proust

Una volta i videogames erano nelle cartucce. Le cartucce di plastica sembravano il futuro, dopo le cassette del Commodore 64. Quelle cartucce sagomate, grige o nere, da incastrare nella fessura della console. Ho pensato a questa cosa mentre volevo mostrare i videogiochi della mia infanzia a mio fratello: oggi basta una ricerca su google e ti scarichi l'emulatore, la Rom e giochi comodamente sul PC. Un file piccolissimo corrisponde ad una cartuccia di plastica grossa quanto il palmo di una mano! Una petite madaleine proustina decisamente sui generis, devo dire.
Non ho mai avuto un rapporto splendido con i videogames: ammetto di non essere un grande giocatore o un appassionato, ma quando qualche gioco in particolare mi prende (Ceasar III, Age of Empire II, Medal of Honor...) ci passo le nottate.
Forse dipende dal fatto che mi sono sentito sempre un po' indietro nei videogames, oltre che per la preferenza per altri tipi di intrattenimento. Ricordo che quando andava per la maggiore il Nintendo a 8 bit, io avevo a casa un Atari 2600 con cui giocavo ad Asteroids. E quando ero riuscito a passare al grado superiore, gli amici attorno recuperavano quelle console a 16 o (addirittura!!!) 32 bit tipo il Sega Mega Drive o il SuperNintendo. Ricordo che i Nintendo, in particolare, avevano quasi un ruolo di status symbol: erano le console fighette, perfette: i giochi si trovavano con facilità e in quantità anche alla Standa al centro storico. Mentre gli sfigati avevano il Sega (si legge sIga!). Io c'avevo il Sega Master System II. Quello con gli angoli arrotondati, che faceva tanto Nintendo, e il joypad rettangolare e scomodissimo. Era un regalo di natale, e per un bel po', mi dedicai al platform incluso nella console, non amando quel gioco di motociclette regalatomi poco dopo (ancora oggi non amo molto i giochi di sport... li vedo una contraddizione in termini).
Quel platform era Alex Kid. Era la mascotte della Sega molto prima di quel fighetto antipatico di Sonic: un ragazzino cinese vestito in maniera ridicola, con i capelli a caschetto anni '70 e i basettoni. A fine livello c'era la morra cinese col cattivo di turno, e alla fine del quadro, come tradizione, salvavi la principessa. Era una versione un po' sfigata di Supermario, senza partner, senza iconografia rimasta nella memoria collettiva. Però mi ci divertivo un mondo.
Il Sega Master System II ha accompagnato a lungo la mia infanzia e la mia giovinezza. Quanti pomeriggi con Ghousl'n Ghost, Golden Axe, il mitico Wonder Boy (altro che Baldur's Gate!), Topolino o Batman Returns... Ricordo anche la rivista Sonic, che oltre le recensioni dei videogames (ormai quasi tutte per l'ultramoderno Sega Mega Drive) conteneva i fumetti con i personaggi storici della Sega.

Lo scatolo e i giochi del Sega Master System continuavano ad accompagnarmi. Me li portavo anche nella villetta in campagna, per giocarci nelle serate vuote di giugno, finchè proprio lì, qualche anno fa, dei ladri scassinarono una porta, rubarono quattro cazzate, svuotarono il congelatore dalle vaschette di gamberi, sporcarono il giardino, e sopratutto portarono via il mio Sega Master System e tutte le sue cassette. Spero che ci giochi adesso stia ancora aspettando di passare al grado Play Station.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Anch'io ho un sacco di bei ricordi del Master System... e adoravo Alex Kidd! (by Mickey)

Marco Rizzo ha detto...

un altro sfigato videoludico come me!

Anonimo ha detto...

Scusi, guardi che si scrive SEGA e si legge SEGA (Abbreviazione di SErvice GAme... non è mica una parolaccia!)

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