Nonostante le polemiche dell'Italia ipocritamente laica, nonostante i veleni di chi (mancando di rispetto a Brian e Roger) sostiene che i Queen non sono nessuno senza Freddie Mercury, nonostante la ruggine che si supponeva accumulata dopo 16 di assenza dai tour, i Queen hanno offerto in quel di Roma, il 4 aprile un concerto emozionante e coinvolgente.
Sono arrivato davanti il palalottomatica relativamente tardi e la disorganizzazione e la scarsa preparazione dello staff ci ha confusi sulla fila da prendere per poterci accomodare nel parterre. "Accomodare" per modo di dire. Come prevedibile, chi sceglie il posto parterre è solitamente il fan sfegatato (come me!) che pretende di seguire il concerto a pochi metri dal palco, per respirare il sudore non solo dei propri beniamini, ma degli altri fanatici vicino.. Siamo riusciti a spingerci abbastanza avanti (nella fila all'ingresso e poi una volta entrati, all'apertura dei cancelli, puntuale alle 18:30) da finire a 4-5 metri dalla pedana, ad una decina di metri dal palco.
Ogni prova di microfono, ogni leggera strimpellata di chitarra o colpo sulla batteria, era un sussulto tra il pubblico, che interrompeva i cori (particolarmente originale quel "Giovanni Paolo!Giovanni Paolo!", culminato in grande applauso, oltre quelli più usuali) e si fermava ad aspettare.
Alle 20:50 si interrompe il silenzio (si fa per dire) con un comunicato degli organizzatori: "Al papa piaceva la musica e la musica dei Queen non da fastidio a nessuno". Ovviamente mi trovo d'accordo. Ma le sorprese non erano finite. Dopo un minuto di silenzio, suoni elettronici disturbanti, alla ricerca di una melodia che non c'è, ci illudono della partenza con It's A Beautiful Day - Reprise. Il pubblico si aspetta di sentire da un momento all'altro la voce di Freddie intonare quell'unica, intensa strofa , invece parte la voce di Eminem con una delle sue canzoni (non mi chiedete il titolo). Ai fischi e alle lamentele del pubblico risponde un forte colpo di chitarra, che interrompe la canzone e introduce Paul Rodgers sul palco, che intona una breve parte dal suo Reaching Out come a presentarsi, passeggiando sulla pedana. Sembrava un messaggio, il rifiuto della musica di oggi, dell'aggressività e della monotonia delle hit degli ultimi anni, che vengono soppiantate dal rock classico e autentico dei Queen. Quando le inconfondibile note del rock pesante di Tie Your Mother Down spalancano il sipario, la folla è in delirio, e si comincia già a ballare e cantare. In un crescendo continuo, con un picco di coinvolgimento con la conosciutissima I Want To Break Free, perfettamente eseguita da Paul, si arriva al momento acustico. Vedere sulla pedana Paul e Roger, l'uno con la chitarra acustica, l'altro con i bombo, mi ha fatto temere fosse già il momento della commozione con These are the Days of our Life, invece una bella ballata d'amore firmata Rodgers, Seagull, ci stupisce tutti. I due fanno spazio a Brian May, che fa un discorso sincero sull'emozione di trovarsi a Roma ("La città più bella del mondo"), di ritrovarsi di nuovo in tour. '39 sorprende tutti: non ce l'aspettavamo. Mentre ci si aspettava Love of my Life. Brian la dedica agli amici assenti, alle persone che ci hanno lasciato. Alla fine della prima strofa, il pubblico invoca Freddie Mercury, che era solito cantare con gli astanti e dedicare al suo pubblico la canzone durante i live. Brian fa una faccia dispiaciuta, e allarga le braccia come a dire "niente da fare". E' visibilmente commosso, e si alzerà dalla sedia con le lacrime sulle guance. Mi aspettavo di commuovermi anche io. Dopotutto quando vedo i video di questa canzone mi vengono i brividi! Invece si, ero emozionato, ma non quanto sarei stato presto. Quando imbraccia di nuovo la mitica Red Special, è il momento di un'inedita versione lenta di Hammer to Fall. Si tratta di una canzone di pace e disperazione, un'invocazione alla fine del terrore nucleare, e questo nuovo arrangiamento la carica di drammaticità. Poco dopo, gli assoli di Roger Taylor con la sua I'm in Love with my Car (canzone che sicuramente non adoro, ma certamente d'effetto) e poco dopo 15 minuti di assolo di chitarra con Brighton Rock, che confluisce in Last Horizon per un Brian May in splendida forma nonostante l'età! Il pubblico è in visibilio, siamo scioccati: vedere dal vivo e sentire addosso quella chitarra è una sensazione che da sola vale tutto il prezzo del biglietto. Roger Taylor, elegante con il suo gilet nero, si mette al centro del palco. Braccia dietro la schiena, la sua voce rauca e intrigante intona These are the Days of our Life. Ero preso dalla canzone per motivi personali. Turbamenti, rimpianti, dilemmi, pensieri che mi si agitano nella testa da giorni, situazioni che chi legge questo blog avrà intuito. Come dicevo tempo fa, è incredibile l'effetto che la musica può fare in questi casi. Fatto sta che a questo mio stato d'animo si è unita la commozione di vedere Freddie, John, Brian e Roger in un vecchio filmato proiettato sul mega schermo del palco. Appena Freddie è stato inquadrato mi sono messo a piangere, e alla fine della canzone un mio carissimo amico mi ha abbracciato, avendo capito lo stato d'animo. Roger resta in primo piano sul palco per cantare Radio Ga-Ga, con l'intero palalottomatica a battere le mani contemporaneamente nel famoso ritornello. La stessa partecipazione si è vista poco dopo con I Want it All. Grande momento invece per Bohemian Rhapsody. Paul Rodgers sale sulla cima del palco, si inchina davanti al megaschermo, si apre il sipario che lo copre e vediamo le mani di Freddie in quel di Wembley '86 intonare il celebre attacco sul pianoforte. Un giusto gesto di rispetto. La canzone viene quasi interamente suonata con questa registrazione, poi come a passarsi il testimone, Paul Rodgers (che è stato più volte sottolineato, era "solo" un guest artist, una spalla di alta caratura) ha cantato l'ultima strofa. Anche lì, lacrime ed emozioni. Sul finale segnalo l'ottima performance di Rodgers con The Show Must go on, resa più blues e cantata con la collaborazione del pubblico, il coinvolgimento con Allright Now, l'unica canzone di Rodgers conosciuta ai più di quelle presentate (e forse in assoluto) e la prevedibile ma emozionante triade finale We Will Rock YouWe, Are The Champions e God Save the Queen. Distrutti, ci aspettava un lungo ritorno a casa di chi ci ospitava, e un ancora più lungo viaggio in treno per Palermo il giorno dopo.
Sono arrivato davanti il palalottomatica relativamente tardi e la disorganizzazione e la scarsa preparazione dello staff ci ha confusi sulla fila da prendere per poterci accomodare nel parterre. "Accomodare" per modo di dire. Come prevedibile, chi sceglie il posto parterre è solitamente il fan sfegatato (come me!) che pretende di seguire il concerto a pochi metri dal palco, per respirare il sudore non solo dei propri beniamini, ma degli altri fanatici vicino.. Siamo riusciti a spingerci abbastanza avanti (nella fila all'ingresso e poi una volta entrati, all'apertura dei cancelli, puntuale alle 18:30) da finire a 4-5 metri dalla pedana, ad una decina di metri dal palco.
Ogni prova di microfono, ogni leggera strimpellata di chitarra o colpo sulla batteria, era un sussulto tra il pubblico, che interrompeva i cori (particolarmente originale quel "Giovanni Paolo!Giovanni Paolo!", culminato in grande applauso, oltre quelli più usuali) e si fermava ad aspettare.
Alle 20:50 si interrompe il silenzio (si fa per dire) con un comunicato degli organizzatori: "Al papa piaceva la musica e la musica dei Queen non da fastidio a nessuno". Ovviamente mi trovo d'accordo. Ma le sorprese non erano finite. Dopo un minuto di silenzio, suoni elettronici disturbanti, alla ricerca di una melodia che non c'è, ci illudono della partenza con It's A Beautiful Day - Reprise. Il pubblico si aspetta di sentire da un momento all'altro la voce di Freddie intonare quell'unica, intensa strofa , invece parte la voce di Eminem con una delle sue canzoni (non mi chiedete il titolo). Ai fischi e alle lamentele del pubblico risponde un forte colpo di chitarra, che interrompe la canzone e introduce Paul Rodgers sul palco, che intona una breve parte dal suo Reaching Out come a presentarsi, passeggiando sulla pedana. Sembrava un messaggio, il rifiuto della musica di oggi, dell'aggressività e della monotonia delle hit degli ultimi anni, che vengono soppiantate dal rock classico e autentico dei Queen. Quando le inconfondibile note del rock pesante di Tie Your Mother Down spalancano il sipario, la folla è in delirio, e si comincia già a ballare e cantare. In un crescendo continuo, con un picco di coinvolgimento con la conosciutissima I Want To Break Free, perfettamente eseguita da Paul, si arriva al momento acustico. Vedere sulla pedana Paul e Roger, l'uno con la chitarra acustica, l'altro con i bombo, mi ha fatto temere fosse già il momento della commozione con These are the Days of our Life, invece una bella ballata d'amore firmata Rodgers, Seagull, ci stupisce tutti. I due fanno spazio a Brian May, che fa un discorso sincero sull'emozione di trovarsi a Roma ("La città più bella del mondo"), di ritrovarsi di nuovo in tour. '39 sorprende tutti: non ce l'aspettavamo. Mentre ci si aspettava Love of my Life. Brian la dedica agli amici assenti, alle persone che ci hanno lasciato. Alla fine della prima strofa, il pubblico invoca Freddie Mercury, che era solito cantare con gli astanti e dedicare al suo pubblico la canzone durante i live. Brian fa una faccia dispiaciuta, e allarga le braccia come a dire "niente da fare". E' visibilmente commosso, e si alzerà dalla sedia con le lacrime sulle guance. Mi aspettavo di commuovermi anche io. Dopotutto quando vedo i video di questa canzone mi vengono i brividi! Invece si, ero emozionato, ma non quanto sarei stato presto. Quando imbraccia di nuovo la mitica Red Special, è il momento di un'inedita versione lenta di Hammer to Fall. Si tratta di una canzone di pace e disperazione, un'invocazione alla fine del terrore nucleare, e questo nuovo arrangiamento la carica di drammaticità. Poco dopo, gli assoli di Roger Taylor con la sua I'm in Love with my Car (canzone che sicuramente non adoro, ma certamente d'effetto) e poco dopo 15 minuti di assolo di chitarra con Brighton Rock, che confluisce in Last Horizon per un Brian May in splendida forma nonostante l'età! Il pubblico è in visibilio, siamo scioccati: vedere dal vivo e sentire addosso quella chitarra è una sensazione che da sola vale tutto il prezzo del biglietto. Roger Taylor, elegante con il suo gilet nero, si mette al centro del palco. Braccia dietro la schiena, la sua voce rauca e intrigante intona These are the Days of our Life. Ero preso dalla canzone per motivi personali. Turbamenti, rimpianti, dilemmi, pensieri che mi si agitano nella testa da giorni, situazioni che chi legge questo blog avrà intuito. Come dicevo tempo fa, è incredibile l'effetto che la musica può fare in questi casi. Fatto sta che a questo mio stato d'animo si è unita la commozione di vedere Freddie, John, Brian e Roger in un vecchio filmato proiettato sul mega schermo del palco. Appena Freddie è stato inquadrato mi sono messo a piangere, e alla fine della canzone un mio carissimo amico mi ha abbracciato, avendo capito lo stato d'animo. Roger resta in primo piano sul palco per cantare Radio Ga-Ga, con l'intero palalottomatica a battere le mani contemporaneamente nel famoso ritornello. La stessa partecipazione si è vista poco dopo con I Want it All. Grande momento invece per Bohemian Rhapsody. Paul Rodgers sale sulla cima del palco, si inchina davanti al megaschermo, si apre il sipario che lo copre e vediamo le mani di Freddie in quel di Wembley '86 intonare il celebre attacco sul pianoforte. Un giusto gesto di rispetto. La canzone viene quasi interamente suonata con questa registrazione, poi come a passarsi il testimone, Paul Rodgers (che è stato più volte sottolineato, era "solo" un guest artist, una spalla di alta caratura) ha cantato l'ultima strofa. Anche lì, lacrime ed emozioni. Sul finale segnalo l'ottima performance di Rodgers con The Show Must go on, resa più blues e cantata con la collaborazione del pubblico, il coinvolgimento con Allright Now, l'unica canzone di Rodgers conosciuta ai più di quelle presentate (e forse in assoluto) e la prevedibile ma emozionante triade finale We Will Rock YouWe, Are The Champions e God Save the Queen. Distrutti, ci aspettava un lungo ritorno a casa di chi ci ospitava, e un ancora più lungo viaggio in treno per Palermo il giorno dopo.
Me ne fotto delle polemiche. Mi sono divertito ed emozionato, ne è valsa certamente la pena.
Tanto per gradire, alcuni brevi video girati dal compare Dario Savalli:
'39 3,8 mb
Love Of My life 22 mb
Hammer to Fall 10 mb
Brighton Rock 45 mb
I want it all 4,5 mb
We are the champion 2 mb
God Save the Queen 12,7 mb
1 commenti:
compare il tuo reportage è grande..hai descritto perfettamente tutte quelle sensazioni che abbiamo condiviso assieme...averti a roma pi,è stato un piacere...hai dimenticato solo il RUM!!!ti abbraccio
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