28 maggio 2008

Indiana Jones IV



(La recensione contiene qualche spoiler...)

Gli elementi chiave ci sono tutti. Il cappello e la frusta, ovviamente, la silhouette che introduce il personaggio, la spalla, gli inseguimenti rocamboleschi, il traditore, la femme fatale e la donna da amare, la quest per un oggetto mitologico. E non mancano nemmeno le strizzatine d’occhio ai fan della saga di Indiana Jones, con più o meno sottili riferimenti ai precedenti episodi della saga. Evidentemente, se i primi tre film sono perfettamente apprezzabili a sé, questo quarto capitolo di Indiana Jones, ha bisogno di far contenti i fan, che si aspettavano un ritorno di papà Sean Connery e si emozionano per una sbirciatina all’Arca Perduta.


Ma se i precedenti film tutto sommato, pur esagerando, si potevano ritenere piuttosto realistici, il patto di complicità siglato dallo spettatore sembra costretto a rinnovarsi ogni 15 minuti, con scene che giocano al rialzo sulla spettacolarità e l’improbabilità, a partire dalla dimostrazione da parte degli sceneggiatori David Koepp e George Lucas che Indy può sopravvivere ad una esplosione nucleare.
Lo scoppio della bomba atomica su uno dei siti dei test nel deserto nordamericano conclude la sequenza iniziale del film, che per una buona metà costruisce delle attese presto deluse da un finale tirato per le lunghe. Ma non è la presenza degli alieni come elemento chiave della missione a disturbare, né lo spostamento cronologico della narrazione o il calo dell’ironia. Pur essendo di vent’anni più vecchio, Indiana Jones/Harrison Ford è sempre affascinante e carismatico, e gli anni ’50 sono un’ambientazione piena di spunti (basta vedere il look di Mutt/Shia LeBeouff). Poi il caratterista John Hurt ci regala un’interpretazione come sempre interessante, l’algida Cate Blanchett interpreta a dovere una fredda spia sovietica (anche se il doppiaggio ci regala qualche involontario momento comico), e Stephen Spielberg offre il consueto manuale di regia.
Piuttosto, a livello di sceneggiatura tutto appare forzatamente esagerato, un gioco al rialzo che trasforma Indy più in un supereroe “fantascientifico” che un avventuriero “realistico”.

Gli appassionati di cultura pop, magari, potrebbero giustificare la trovata degli alieni circostanziandola con il citazionismo di cui la saga è impregnata. Se i primi tre film fanno riferimenti ai pulp magazine degli anni '20 e '30, da Tarzan (citato esplicitamente anche nel IV), a Doc Savage, passando per The Spider, questo Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo è pieno di citazioni dalla fantascienza degli anni ’50 (da Bradbury ai fumetti di sci-fi della Ec Comics).

Il divertimento è comunque assicurato. Se il film (come spesso in questi casi) può lasciare perplessi i fedelissimi, lo spettatore occasionale potrà divertirsi abbuffandosi di pop corn. Alla fine, è questo che conta.

(da Ateneo)

1 commenti:

Capitan Ambù ha detto...

A me una lacrima ha rigato il viso, perchè se Indy è invecchiato lo sono anche io, però ha riportato in vita quell'aspetto immaginifico e avventuroso dei film di quel periodo, dove il bene vinceva sul male.
In un periodo come quello che viviamo, dove tutto è così confuso e nebbioso, avevo proprio bisogno di una boccata di sogni.

Ho sognato per due ore e mezzo e la canzoncina mi accompagnerà per tutto il giorno.

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