E' passato un po' di tempo dall'ultima volta che ho incontrato Fulvio Sodano, e l'altro giorno mi sono ritrovato a pensare a lui: in effetti questi mesi di fuoco mi hanno fatto rimandare spesso l'occasione per andarlo a trovare. E credo che lo farò presto. Intanto, però, mi è tornato in mente che avevo promesso che il pezzo uscito su L'Isola Possibile - supplemento siculo del Manifesto, speriamo che duri! - con l'intervista che realizzai in una di quelle occasioni sarebbe apparso sul blog a tempo debito. Direi che ci siamo (tra l'altro è nella versione che ho spedito, senza la revisione, quindi aspettatevi qualche refuso qua e là).
Inoltre vi segnalo che nel numero di questo mese de L'Isola invece c'è un mio lungo pezzo su Mauro Rostagno, che fa il punto della situazione sulle ultime scoperte e offre una sintesi di tutta la vicenda. Credo possa essere utile a chi è incuriosito dalla figura dell'uomo che avrebbe potuto cambiare Trapani e che oggi è stato quasi del tutto dimenticato dalla città a cui si era tanto dedicato e per cui, forse, è stat ammazzato.
IL PREFETTO DEL POPOLO
INTERVISTA A FULVIO SODANO
“Sono stato allontanato perché non sono voluto stare al gioco del sistema di potere vigente, schierandomi dalla parte del popolo”. Fulvio Sodano è immobilizzato su una sedia a rotelle dalla Sclerosi Laterale Amiotrofica. Ma nonostante la mancanza di autosufficienza, la lucidità, la forza e il coraggio del “Prefetto del popolo” non mancano di dimostrarsi, facendolo ergere come un gigante carismatico. Un uomo costretto a parlare tramite un computer, affiancato dalla moglie, altro esempio di coraggio e forza d’animo, ma che tramite le parole così difficili da esprimere vuole farsi giustizia. Dopo avere rappresentato il governo nella problematica provincia di Trapani dal dicembre 2000 al luglio 2003, la vicenda del suo trasferimento è balzata agli onori della cronaca dopo la struggente intervista rilasciata ad AnnoZero nell’ottobre 2006. Nel colloquio con il giornalista, Sodano aveva accusato l’allora sottosegretario agli Interni, il Senatore Antonio D’Alì (esponente di spicco di Forza Italia e oggi presidente della Provincia di Trapani) di averne ordinato il trasferimento per volontà della mafia locale. E oggi, a questa vicenda (approdata in Tribunale per una causa per diffamazione intentata da D’Alì) si è aggiunta una “guerra” con il sindaco di Trapani Girolamo Fazio (vedi box).
Eccellenza, quali sono i ricordi più belli della sua esperienza a Trapani?
“Il continuo rapporto con la gente comune e l’essere riuscito a riaffermare la presenza dello Stato nel territorio. Al riguardo le racconto un episodio che può sembrare banale ma che la dice lunga sul rapporto tra cittadini ed istituzioni e sul modo di approcciarsi di queste ultime. Il mio primo giorno di servizio a Trapani ho notato che fuori dal palazzo del governo non sventolava il tricolore, tra l’indifferenza generale. Pensi che la gente non sapeva dove si trovasse la prefettura. A mia moglie , che l’indomani mi era venuta a trovare e che invano aveva chiesto la strada ho dovuto dire di chiedere del palazzo della Provincia [a due passi dalla sede della prefettura, NdR]. Come inizio non era male.”
Che idea si è fatto della città e dei suoi abitanti?
“Quando ero a Trapani era una città spaccata a metà. C’erano quelli che comunque appartenevano a qualcuno cui era tutto dovuto e subito e gli altri, i paria, di cui nessuno si occupava.
La gente comune era tenuta in nessun conto. La città era poi inospitale nonostante la sua vocazione turistica. I turisti dovevano andare via dopo una breve visita. Un centro storico meraviglioso veniva tenuto nel degrado più assoluto. Insomma, c’era da rimboccarsi le maniche, di tentare di riavvicinare la gente alle istituzioni e creare progetti condivisi per determinare uno sviluppo confacente alle caratteristiche della città. Quello che non mancava era la presenza asfissiante della mafia. Mancava quasi del tutto la criminalità comune e la microcriminalità tanto che addirittura mi sono augurato qualche problema di ordine pubblico in più.”
Ma tra questa spaccatura, c’è una parte del mondo politico locale che si impegnava per fare la differenza?
“La politica era monopolio di qualcuno che faceva il buono e cattivo tempo.”
A destra come a sinistra?
“La sinistra era poco organizzata e non godeva della fiducia degli elettori. Di converso ho trovato molti sindaci ed amministratori locali che avevano a cuore la sorte delle loro comunità e con cui ho avuto oltre che fattiva collaborazione rapporti interpersonali molto intensi.”
Durante l’intervista ad Anno Zero, lei ha raccontato di essere stato “rimproverato” da D’Alì quando nel percorso della visita del presidente della Repubblica in città non ha incluso l’escursione alle Saline, di proprietà della famiglia del Senatore. Ma ci sono state altre occasioni di scontro prima?
“Sin dall’inizio D’Alì ha tentato di soggiogarmi psicologicamente. Appena nominato sottosegretario mi invitò a pranzo e tra il più e il meno mi disse che da lui dipendeva la nomina e il trasferimento del prefetto e del questore della città. Niente male come primo approccio.”
Aveva mai dato motivo a D’Alì per doversi esprimere in quel modo?
“Mi voleva solo avvisare, ma io non ci sono stato. Nella mia vita ho fatto un solo giuramento, a cui ho cercato di essere sempre fedele. Ho giurato fedeltà alla Repubblica. I miei veri datori di lavoro sono sempre stati i cittadini. Sa a Trapani come mi appellavano? Il “Prefetto del popolo”. E ne sono orgoglioso.”
Passiamo alla vicenda dei lavori al porto. Con gli arresti dell’inchiesta “Mafia e appalti” imprenditori, uomini delle istituzioni e politici sono finiti in manette per avere favorito o posseduto imprese in realtà nelle mani della mafia. Durante la selezione delle imprese da coinvolgere nei lavori al porto in vista dell’America’s Cup del 2005, lei ha sostenuto il coinvolgimento della Calcestruzzi Ericina. Si tratta di un’impresa che era stata affrancata pochi anni prima dal controllo del boss Virga e dei suoi figli e poi sotto la gestione dello Stato (nonostante il tentativo della mafia di rimpossessarsene grazie a un funzionario connivente). Secondo una dichiarazione del senatore, il suo appoggio alla Ericina “alterava il libero mercato”. Secondo lei, l’infiltrazione mafiosa nelle imprese di costruzioni e forniture, è ancora significativa?
“La dichiarazione di D’Alì si commenta da sola. Io volevo fare della Ericina l’emblema della lotta dello Stato contro Cosa Nostra. Ciò dava fastidio a molti.
Io spero che la recente ventata di legalità che ha pervaso le associazioni degli industriali serva anche al territorio del trapanese.”
Perché molti trapanesi si disinteressano alla sua vicenda? Ignoranza? Apatia? Disinteresse?
“È per la cultura a cui facevo riferimento prima. Molta gente ama il quieto vivere e non si schiera apertamente per la solita atavica concezione. Credo però che, anche se intimamente, molti comincino a capire. Io però non colpevolizzo la gente ma chi la vuole tenere nell’ignoranza.”
Suo malgrado, il suo impegno, la sua denuncia e la sua forza l’hanno resa un simbolo. Ne è consapevole?
“Tutto avrei voluto tranne che diventare un simbolo. Io sono consapevole di avere fatto solo il mio dovere e solo per quello non si può diventare simbolo. Io ho parlato non tanto per me ma per dare coraggio agli onesti. Certo poi individualmente mi inorgoglisce il fatto che molti giovani prendendomi ad esempio comincino a pretendere i loro diritti anche a costo di doversi inimicare i potenti di turno.”
Cosa si augura per il futuro?
“Che finalmente si volti pagina.”
Nota: Il senatore D’Alì ha scelto di non commentare, per non entrare in polemica con il prefetto, preferendo attendere l’esito della magistratura civile prima di esprimere ogni commento.
LA CITTADINANZA MANCATA
Nelle scorse settimane la vicenda umana di Fulvio Sodano è tornata ad animare le pagine dei giornali, a causa del dibattito sviluppatosi a Trapani in merito alla cittadinanza onoraria che avrebbe dovuto ricevere. Nella seduta del 23 dicembre 2005, infatti, il Consiglio Comunale ha votato all’unanimità per conferire l’onorificenza all’ex prefetto come attestato di stima per il suo impegno nella lotta alla mafia. Ha destato critiche e perplessità la decisione del sindaco Fazio di non proseguire nella procedura. Fazio e Sodano hanno avuto un intenso scambio epistolare (finito in parte sui giornali) per discutere sul merito della scelta del primo. In una delle lettere, Sodano accusa Fazio di non avere voluto conferire l’onorificenza per “motivi di gratitudine verso D’Alì”. Per spiegarsi, l’ex prefetto afferma che “la discesa in politica di Fazio è avvenuta in un momento molto delicato per la città di Trapani in odore di scioglimento per mafia. La candidatura era stata voluta da D’Alì che così presentava l’homo novus della politica trapanese”. “A Sodano evidentemente piace utilizzare frasi forti per impressionare la gente – replica Fazio - ma non dà sostanza poi a quelle frasi. Di quali fatti illeciti mi accuserebbe? Di avere accettato la candidatura a sindaco che mi venne proposta dal sen. D’Alì, ma non solo da lui? E quale sarebbe il reato che avrei commesso? Per quello che mi riguarda, sono stato eletto per due volte dalla stragrande maggioranza dei cittadini trapanesi”. Tra gli elementi che hanno fatto esprimere perplessità, le motivazioni addotte dal sindaco di Trapani. Quella che ha fatto più discutere, certamente, l’intervento di Sodano ad Anno Zero, che però è avvenuto l’ottobre successivo la votazione del Consiglio. “In quei 10 mesi avrebbe potuto concedere non una ma cento cittadinanze. Ma era prevenuto e doveva obbedire ad un ordine preciso”. Fazio ha replicato, rispondendo anche ad affermazioni di alcuni consiglieri comunali, affermando che “quando si stava predisponendo la delibera per il conferimento della cittadinanza onoraria (nel gennaio 2006, NdR), una serie di interventi politici legati proprio a quell’operazione da cui era scaturita la proposta mi hanno dato il senso che la vicenda, che dal punto di vista umano e istituzionale ha una sua valenza, veniva strumentalizzata a fini meramente politici”. A questo si è aggiunto in seguito, a detta del sindaco, “la conferma di tale strumentalizzazione con la trasmissione Anno Zero”.
Per Margherita Asta, responsabile di Libera a Trapani, “dopo la delibera del consiglio il sindaco doveva solo adempire ai suoi compiti. Il primo cittadino non ha voluto accettare il volere del consiglio e quindi del popolo”. Fazio precisa che, non trattandosi di una mozione “non vi è un obbligo dal punto di vista giuridico” a dare seguito alla votazione del consiglio. La Asta, nel frattempo, riunendo anche altre associazioni e sindacati, comunica che come esponenti della società civile si impegneranno per conferire a Sodano “una cittadinanza onoraria simbolica”. E se Fazio tornasse sui suoi passi, l’ex-prefetto accetterebbe l’onorificenza dal Comune? “Io ho troppo rispetto dei cittadini trapanesi per rifiutare – risponde Sodano - ma metterei una unica condizione, cioè che la consegna venga fatta da un qualunque uomo della strada, a nome di tutti i trapanesi”.
(nella foto in alto, un fermo immagine dall'intervista andata in onda su Annozero)
- intervista realizzata nell'ottobre 2007 per "L'Isola Possibile" -
Inoltre vi segnalo che nel numero di questo mese de L'Isola invece c'è un mio lungo pezzo su Mauro Rostagno, che fa il punto della situazione sulle ultime scoperte e offre una sintesi di tutta la vicenda. Credo possa essere utile a chi è incuriosito dalla figura dell'uomo che avrebbe potuto cambiare Trapani e che oggi è stato quasi del tutto dimenticato dalla città a cui si era tanto dedicato e per cui, forse, è stat ammazzato.
IL PREFETTO DEL POPOLO
INTERVISTA A FULVIO SODANO
“Sono stato allontanato perché non sono voluto stare al gioco del sistema di potere vigente, schierandomi dalla parte del popolo”. Fulvio Sodano è immobilizzato su una sedia a rotelle dalla Sclerosi Laterale Amiotrofica. Ma nonostante la mancanza di autosufficienza, la lucidità, la forza e il coraggio del “Prefetto del popolo” non mancano di dimostrarsi, facendolo ergere come un gigante carismatico. Un uomo costretto a parlare tramite un computer, affiancato dalla moglie, altro esempio di coraggio e forza d’animo, ma che tramite le parole così difficili da esprimere vuole farsi giustizia. Dopo avere rappresentato il governo nella problematica provincia di Trapani dal dicembre 2000 al luglio 2003, la vicenda del suo trasferimento è balzata agli onori della cronaca dopo la struggente intervista rilasciata ad AnnoZero nell’ottobre 2006. Nel colloquio con il giornalista, Sodano aveva accusato l’allora sottosegretario agli Interni, il Senatore Antonio D’Alì (esponente di spicco di Forza Italia e oggi presidente della Provincia di Trapani) di averne ordinato il trasferimento per volontà della mafia locale. E oggi, a questa vicenda (approdata in Tribunale per una causa per diffamazione intentata da D’Alì) si è aggiunta una “guerra” con il sindaco di Trapani Girolamo Fazio (vedi box).
Eccellenza, quali sono i ricordi più belli della sua esperienza a Trapani?
“Il continuo rapporto con la gente comune e l’essere riuscito a riaffermare la presenza dello Stato nel territorio. Al riguardo le racconto un episodio che può sembrare banale ma che la dice lunga sul rapporto tra cittadini ed istituzioni e sul modo di approcciarsi di queste ultime. Il mio primo giorno di servizio a Trapani ho notato che fuori dal palazzo del governo non sventolava il tricolore, tra l’indifferenza generale. Pensi che la gente non sapeva dove si trovasse la prefettura. A mia moglie , che l’indomani mi era venuta a trovare e che invano aveva chiesto la strada ho dovuto dire di chiedere del palazzo della Provincia [a due passi dalla sede della prefettura, NdR]. Come inizio non era male.”
Che idea si è fatto della città e dei suoi abitanti?
“Quando ero a Trapani era una città spaccata a metà. C’erano quelli che comunque appartenevano a qualcuno cui era tutto dovuto e subito e gli altri, i paria, di cui nessuno si occupava.
La gente comune era tenuta in nessun conto. La città era poi inospitale nonostante la sua vocazione turistica. I turisti dovevano andare via dopo una breve visita. Un centro storico meraviglioso veniva tenuto nel degrado più assoluto. Insomma, c’era da rimboccarsi le maniche, di tentare di riavvicinare la gente alle istituzioni e creare progetti condivisi per determinare uno sviluppo confacente alle caratteristiche della città. Quello che non mancava era la presenza asfissiante della mafia. Mancava quasi del tutto la criminalità comune e la microcriminalità tanto che addirittura mi sono augurato qualche problema di ordine pubblico in più.”
Ma tra questa spaccatura, c’è una parte del mondo politico locale che si impegnava per fare la differenza?
“La politica era monopolio di qualcuno che faceva il buono e cattivo tempo.”
A destra come a sinistra?
“La sinistra era poco organizzata e non godeva della fiducia degli elettori. Di converso ho trovato molti sindaci ed amministratori locali che avevano a cuore la sorte delle loro comunità e con cui ho avuto oltre che fattiva collaborazione rapporti interpersonali molto intensi.”
Durante l’intervista ad Anno Zero, lei ha raccontato di essere stato “rimproverato” da D’Alì quando nel percorso della visita del presidente della Repubblica in città non ha incluso l’escursione alle Saline, di proprietà della famiglia del Senatore. Ma ci sono state altre occasioni di scontro prima?
“Sin dall’inizio D’Alì ha tentato di soggiogarmi psicologicamente. Appena nominato sottosegretario mi invitò a pranzo e tra il più e il meno mi disse che da lui dipendeva la nomina e il trasferimento del prefetto e del questore della città. Niente male come primo approccio.”
Aveva mai dato motivo a D’Alì per doversi esprimere in quel modo?
“Mi voleva solo avvisare, ma io non ci sono stato. Nella mia vita ho fatto un solo giuramento, a cui ho cercato di essere sempre fedele. Ho giurato fedeltà alla Repubblica. I miei veri datori di lavoro sono sempre stati i cittadini. Sa a Trapani come mi appellavano? Il “Prefetto del popolo”. E ne sono orgoglioso.”
Passiamo alla vicenda dei lavori al porto. Con gli arresti dell’inchiesta “Mafia e appalti” imprenditori, uomini delle istituzioni e politici sono finiti in manette per avere favorito o posseduto imprese in realtà nelle mani della mafia. Durante la selezione delle imprese da coinvolgere nei lavori al porto in vista dell’America’s Cup del 2005, lei ha sostenuto il coinvolgimento della Calcestruzzi Ericina. Si tratta di un’impresa che era stata affrancata pochi anni prima dal controllo del boss Virga e dei suoi figli e poi sotto la gestione dello Stato (nonostante il tentativo della mafia di rimpossessarsene grazie a un funzionario connivente). Secondo una dichiarazione del senatore, il suo appoggio alla Ericina “alterava il libero mercato”. Secondo lei, l’infiltrazione mafiosa nelle imprese di costruzioni e forniture, è ancora significativa?
“La dichiarazione di D’Alì si commenta da sola. Io volevo fare della Ericina l’emblema della lotta dello Stato contro Cosa Nostra. Ciò dava fastidio a molti.
Io spero che la recente ventata di legalità che ha pervaso le associazioni degli industriali serva anche al territorio del trapanese.”
Perché molti trapanesi si disinteressano alla sua vicenda? Ignoranza? Apatia? Disinteresse?
“È per la cultura a cui facevo riferimento prima. Molta gente ama il quieto vivere e non si schiera apertamente per la solita atavica concezione. Credo però che, anche se intimamente, molti comincino a capire. Io però non colpevolizzo la gente ma chi la vuole tenere nell’ignoranza.”
Suo malgrado, il suo impegno, la sua denuncia e la sua forza l’hanno resa un simbolo. Ne è consapevole?
“Tutto avrei voluto tranne che diventare un simbolo. Io sono consapevole di avere fatto solo il mio dovere e solo per quello non si può diventare simbolo. Io ho parlato non tanto per me ma per dare coraggio agli onesti. Certo poi individualmente mi inorgoglisce il fatto che molti giovani prendendomi ad esempio comincino a pretendere i loro diritti anche a costo di doversi inimicare i potenti di turno.”
Cosa si augura per il futuro?
“Che finalmente si volti pagina.”
Nota: Il senatore D’Alì ha scelto di non commentare, per non entrare in polemica con il prefetto, preferendo attendere l’esito della magistratura civile prima di esprimere ogni commento.
LA CITTADINANZA MANCATA
Nelle scorse settimane la vicenda umana di Fulvio Sodano è tornata ad animare le pagine dei giornali, a causa del dibattito sviluppatosi a Trapani in merito alla cittadinanza onoraria che avrebbe dovuto ricevere. Nella seduta del 23 dicembre 2005, infatti, il Consiglio Comunale ha votato all’unanimità per conferire l’onorificenza all’ex prefetto come attestato di stima per il suo impegno nella lotta alla mafia. Ha destato critiche e perplessità la decisione del sindaco Fazio di non proseguire nella procedura. Fazio e Sodano hanno avuto un intenso scambio epistolare (finito in parte sui giornali) per discutere sul merito della scelta del primo. In una delle lettere, Sodano accusa Fazio di non avere voluto conferire l’onorificenza per “motivi di gratitudine verso D’Alì”. Per spiegarsi, l’ex prefetto afferma che “la discesa in politica di Fazio è avvenuta in un momento molto delicato per la città di Trapani in odore di scioglimento per mafia. La candidatura era stata voluta da D’Alì che così presentava l’homo novus della politica trapanese”. “A Sodano evidentemente piace utilizzare frasi forti per impressionare la gente – replica Fazio - ma non dà sostanza poi a quelle frasi. Di quali fatti illeciti mi accuserebbe? Di avere accettato la candidatura a sindaco che mi venne proposta dal sen. D’Alì, ma non solo da lui? E quale sarebbe il reato che avrei commesso? Per quello che mi riguarda, sono stato eletto per due volte dalla stragrande maggioranza dei cittadini trapanesi”. Tra gli elementi che hanno fatto esprimere perplessità, le motivazioni addotte dal sindaco di Trapani. Quella che ha fatto più discutere, certamente, l’intervento di Sodano ad Anno Zero, che però è avvenuto l’ottobre successivo la votazione del Consiglio. “In quei 10 mesi avrebbe potuto concedere non una ma cento cittadinanze. Ma era prevenuto e doveva obbedire ad un ordine preciso”. Fazio ha replicato, rispondendo anche ad affermazioni di alcuni consiglieri comunali, affermando che “quando si stava predisponendo la delibera per il conferimento della cittadinanza onoraria (nel gennaio 2006, NdR), una serie di interventi politici legati proprio a quell’operazione da cui era scaturita la proposta mi hanno dato il senso che la vicenda, che dal punto di vista umano e istituzionale ha una sua valenza, veniva strumentalizzata a fini meramente politici”. A questo si è aggiunto in seguito, a detta del sindaco, “la conferma di tale strumentalizzazione con la trasmissione Anno Zero”.
Per Margherita Asta, responsabile di Libera a Trapani, “dopo la delibera del consiglio il sindaco doveva solo adempire ai suoi compiti. Il primo cittadino non ha voluto accettare il volere del consiglio e quindi del popolo”. Fazio precisa che, non trattandosi di una mozione “non vi è un obbligo dal punto di vista giuridico” a dare seguito alla votazione del consiglio. La Asta, nel frattempo, riunendo anche altre associazioni e sindacati, comunica che come esponenti della società civile si impegneranno per conferire a Sodano “una cittadinanza onoraria simbolica”. E se Fazio tornasse sui suoi passi, l’ex-prefetto accetterebbe l’onorificenza dal Comune? “Io ho troppo rispetto dei cittadini trapanesi per rifiutare – risponde Sodano - ma metterei una unica condizione, cioè che la consegna venga fatta da un qualunque uomo della strada, a nome di tutti i trapanesi”.
(nella foto in alto, un fermo immagine dall'intervista andata in onda su Annozero)
- intervista realizzata nell'ottobre 2007 per "L'Isola Possibile" -
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