Joe Sacco, mio personale mito fumettistico e guida spirituale, ci tiene spesso a ribadirlo: "I do comics, not graphic novels". Sacco ritiene le definizioni di Arte sequenziale e di graphic novel, inadatte e troppo altezzose. Per l’autore maltese infatti, porre i suoi argomenti, i suoi pensieri, i suoi reportage sotto forma di "fumetto" li rende «molto accessibili. […] Forse c’è un piacere interiore nelle persone che pensano alla loro infanzia, a quando leggevano fumetti, e pensano “Questo deve essere divertente, dovrebbe essere una maniera facile per imparare qualcosa”. [Il fumetto, NdR] è un medium molto sovversivo, è attraente ma quello che tratta potrebbe essere pesante, persino difficile». Chiaramente, è un'idea applicabile ai reportage a fumetti, più che ad altri generi e impostazioni. A me, personalmente, il termine graphic novel è sembrato sempre troppo ambiguo. L'ho usato in passato per questioni di "codifica", più che altro, ma con una certa attenzione prima di applicarlo come etichetta. Vi riporto una conversazione con un conoscente, a telefono, di qualche giorno fa.
"Ho visto in libreria, Ilaria Alpi, la tua graphic novel, complimenti"
"Fumetto."
"Eh?"
"Fumetto, non graphic novel."
"E che differenza c'è?"
Immaginate che ho passato i dieci minuti successivi a cercare di spiegargli quali sono le differenze, assolutamente teoriche e volatili. Finché non ho concluso:
"Senti, se è fumetto o graphic novel lo decide l'editore, o tutt'al più il libraio, a seconda del pubblico che vuole raggiungere o pensa di raggiungere."
Mi sembra una soluzione diplomatica, no? Simile sbigottimento da una giornalista, che l'altro giorno mi fa: "Ma questo suo libro... è una graphic novel?"
Al che rispondo: "Guardi, è tale e quale a un fumetto, ma graphic novel è un termine che va molto di moda ultimamente".
Dai secondi di imbarazzato silenzio ho dedotto che sarebbe stato preferibile evitare altre spiegazioni. Sono d'accordo, spesso graphic novel è un termine da appioppare a un libro solo per renderlo più fico per un certo pubblico. Poco importa se quel libro è una raccolta di racconti, o è una raccolta di storie serializzate da altre parti (V for Vendetta è una graphic novel?), se l'autore è Gipi o se il protagonista è l'Uomo Ragno. Stare a discutere su quali possano essere i canoni è assolutamente una perdita di tempo, se fuori da un contesto di studio o accademico. E come le definizioni sui libri di Storia di epoche e imperi, in questo ultimo caso si tratterebbe solo di misure prese con l'accetta, dove c'è tutto e il contrario di tutto.
Per non parlare del fatto che i vari Carofiglio della situazione che si prestano all'opera senza competenze e accompagnati da disegnatori più incapaci di loro (ma legati dal sangue...) non fanno altro che fare male alla "categoria" dimostrando che anche le GN non sempre garantiscono un "marchio di qualità", contrariamente a quello che si vorrebbe fare passare in giro. Almeno Melissa P. (sì, pure lei) vedrà la sua storia disegnata da una brava autrice. E scusatemi se parlo male dei prodotti "concorrenti" (come se ci possa essere mai concorrenza, basta vedere le vetrine delle librerie in questi giorni).
Per concludere, volete proprio che vi dia una mia definizione di Graphic Novel? Il mio agnosticismo non vi aggrada? Allora, per il Marco Rizzo "critico" parliamo di GN se c'è orientativamente, alla base:
1- impianto narrativo da romanzo (è una definizione più libera di quanto sembri);
2- produzione slegata dalla serialità (non all'origine, ma l'autonomia del racconto preso a sè);
3- coerenza nel disegno o nella sceneggiatura (sempre lo stesso scrittore, sempre lo stesso disegnatore);
4-lunghezza superiore alla trentina di pagine (altrimenti la chiamiamo storia breve) e comunque variabile e non preimpostata.
Non vi basta? Non siete contenti? Sapete una cosa? me ne fotto. Io li chiamo sempre fumetti, e ci tengo a chiamarli così. Mi interessa che la gente capisca che Ilaria Alpi è un prodotto sì "impegnato" ma accessibile a chiunque. Non ho bisogno di mettere etichette sugli scaffali della mia libreria né ho voglia di farmi bello con gli amici o con i giornalisti. E poi, le graphic novel, SONO fumetti. Ci stanno i pupiddi, ci stanno le nuvolette, ci stanno le vignette. Quindi, per concludere con un'altra citazione (da saggezza popolare, stavolta):
Chiamala comu voe, ma sempre cucuzza è!
"Ho visto in libreria, Ilaria Alpi, la tua graphic novel, complimenti"
"Fumetto."
"Eh?"
"Fumetto, non graphic novel."
"E che differenza c'è?"
Immaginate che ho passato i dieci minuti successivi a cercare di spiegargli quali sono le differenze, assolutamente teoriche e volatili. Finché non ho concluso:
"Senti, se è fumetto o graphic novel lo decide l'editore, o tutt'al più il libraio, a seconda del pubblico che vuole raggiungere o pensa di raggiungere."
Mi sembra una soluzione diplomatica, no? Simile sbigottimento da una giornalista, che l'altro giorno mi fa: "Ma questo suo libro... è una graphic novel?"
Al che rispondo: "Guardi, è tale e quale a un fumetto, ma graphic novel è un termine che va molto di moda ultimamente".
Dai secondi di imbarazzato silenzio ho dedotto che sarebbe stato preferibile evitare altre spiegazioni. Sono d'accordo, spesso graphic novel è un termine da appioppare a un libro solo per renderlo più fico per un certo pubblico. Poco importa se quel libro è una raccolta di racconti, o è una raccolta di storie serializzate da altre parti (V for Vendetta è una graphic novel?), se l'autore è Gipi o se il protagonista è l'Uomo Ragno. Stare a discutere su quali possano essere i canoni è assolutamente una perdita di tempo, se fuori da un contesto di studio o accademico. E come le definizioni sui libri di Storia di epoche e imperi, in questo ultimo caso si tratterebbe solo di misure prese con l'accetta, dove c'è tutto e il contrario di tutto.
Per non parlare del fatto che i vari Carofiglio della situazione che si prestano all'opera senza competenze e accompagnati da disegnatori più incapaci di loro (ma legati dal sangue...) non fanno altro che fare male alla "categoria" dimostrando che anche le GN non sempre garantiscono un "marchio di qualità", contrariamente a quello che si vorrebbe fare passare in giro. Almeno Melissa P. (sì, pure lei) vedrà la sua storia disegnata da una brava autrice. E scusatemi se parlo male dei prodotti "concorrenti" (come se ci possa essere mai concorrenza, basta vedere le vetrine delle librerie in questi giorni).
Per concludere, volete proprio che vi dia una mia definizione di Graphic Novel? Il mio agnosticismo non vi aggrada? Allora, per il Marco Rizzo "critico" parliamo di GN se c'è orientativamente, alla base:
1- impianto narrativo da romanzo (è una definizione più libera di quanto sembri);
2- produzione slegata dalla serialità (non all'origine, ma l'autonomia del racconto preso a sè);
3- coerenza nel disegno o nella sceneggiatura (sempre lo stesso scrittore, sempre lo stesso disegnatore);
4-lunghezza superiore alla trentina di pagine (altrimenti la chiamiamo storia breve) e comunque variabile e non preimpostata.
Non vi basta? Non siete contenti? Sapete una cosa? me ne fotto. Io li chiamo sempre fumetti, e ci tengo a chiamarli così. Mi interessa che la gente capisca che Ilaria Alpi è un prodotto sì "impegnato" ma accessibile a chiunque. Non ho bisogno di mettere etichette sugli scaffali della mia libreria né ho voglia di farmi bello con gli amici o con i giornalisti. E poi, le graphic novel, SONO fumetti. Ci stanno i pupiddi, ci stanno le nuvolette, ci stanno le vignette. Quindi, per concludere con un'altra citazione (da saggezza popolare, stavolta):
Chiamala comu voe, ma sempre cucuzza è!
4 commenti:
Parole sante :-)
e' vero la disegnatrice russa di Melissa P. é molto brava!
Approposito io faccio "pupiddi ca parranu sicilianu!"
Assolutamente d'accordo su quello che hai detto, soprattutto l'ultima frase, una vera perla di saggezza.
ah...quanto sono belli i proverbi!
meno di trenta pagine è graphic short story? ;P
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