Mai stato un grande appassionato del giuoco del calcio.
Anzi, mai stato anche semplicemente un tifoso o uno spettatore. Da bambino, mi resi conto subito della mia incapacità a calciare un pallone e indirizzarlo verso una direzione prefissata contemporaneamente. Anche in porta facevo abbastanza schifo: sembrava avessi brevettato lo stop di faccia. Preferivo giochi più avventurosi, tipo 'ninja', un misto tra nascondino e acchiapparello in modalità stealth dove se capitava ci si pestava pure. Ricordo il mio nascondiglio preferito: il balcone del salotto della signora di pianoterra della scala C.
Da ragazzo, mi sono dedicato per un po' all'atletica leggera (lo so, non si direbbe) che trovavo più nobile. Ancora oggi, quando i miei amici disperati cercano qualcuno per riempire il campetto del Cipponeri sanno di non dover contare su di me.
C'è un caso però, in cui mi appassiono al gioco, seguo le partite e mi azzardo a commentarle pure. Concentro la saggezza popolare da album panini + bar dello sport in poche giornate dove faccio il ripasso dei precedenti due anni di campionato: Mondiali ed Europei.
Sarà per un briciolo di patriottismo, sarà perchè il calcio ad alti livelli è piacevole da guardare, sarà perchè le partite dell'Italia sono riti di aggregazione sociale con fiumi di birra, pizza e salatini... ma non riesco ad esimermi. E urlo, mi incazzo, commento, mi emoziono, giudico, e mi rendo conto di essere entrato anche io nel bar dello sport, però dalla finestra, timidamente.