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(da sinistra verso destra: Fidel Castro, Camilo Cienfuegos, il Che, Raul Castro), disegni di Lelio Bonaccorso, per Que viva Che, Beccogiallo, novembre 2011
“Gianni, inquadra quella munnizza”. “Ma è la stessa di ieri!”. “Appunto, così forse la tolgono.” Quando Mauro Rostagno percorreva il lungomare Dante Alighieri per farsi abbracciare dalla Piazza del Mercato del pesce, quando era ancora pulsante di vita, di odori e di sicilianità, riusciva a coglierne una bellezza nascosta sotto strati di munnizza. E così, il giornalista ammazzato dalla mafia nel 1988, sceglieva quello sfondo per molte delle sue interviste a quell’umanità varia e vera che bazzicava intorno ai lastroni di marmo e il ghiaccio.
Pezzi di colore che accompagnavano denuncie di storture, mafiosità e collusioni: un modello di lotta a Cosa Nostra irripetibile.
Eppure non mancarono le polemiche quando, nel 2002, il Comune di Trapani si decise a intitolare una via a Mauro Rostagno: una strada poco nota ai più, una traversa di via Marsala, a pochi chilometri da Xitta. Erano passati 14 anni dalla morte, un tempo troppo lungo per chi ritiene che il ricordo di Rostagno debba essere fonte di ispirazione, e dunque da custodire e coltivare, specie in una città smemorata come la nostra. O almeno, smemorata quando si tratta di questo tipo di celebrazioni. Invece fu necessario molto meno tempo per ribattezzare la città del Sale nella città della vela all’indomani dell’America’s Cup. E stando alle indiscrezioni di stampa, presto verranno incisi sul marmo i nomi di illustri militari dei Servizi Segreti dal passato inquietante. Ecco, mentre nel processo Rostagno emerge tutta l’ambiguità delle istituzioni, intitolare proprio quella chiazza alla memoria di Mauro potrebbe essere un segnale per dire da che parte sta Trapani. Un’occasione per testimoniare che questa non è la città che si tappa le orecchie mentre si muovono ingranaggi preoccupanti, ma è quella che ascoltava con religiosa attenzione e grande fiducia le parole di Mauro Rostagno. Sarebbe un segno di riconoscenza verso chi ha provato ad aprirci gli occhi, nonostante ancora oggi provino a bendarci. Con una vela, magari.
Primo, dunque, non è più il fumetto supereroistico, lo era solo in apparenza. Il volume è un’abile strumento di denuncia di una sofferenza storica, ben inserita tra le righe con grande maestria.Recensione di Primo su Fumetti di Carta
[Primo è] Una breve ma intensa conversazione ipotetica su un passato non troppo lontano, sulle ideologie e sull’impronta che queste possono lasciare nell’immaginario popolare. Quasi uno scherzo letterario (pardòn, fumettistico), ma confezionato con una cura del dettaglio e un estro intellettuale che lasciano ammirati. Storia, supereroi, dietrologia e intelligente impostura.
Il pregio principale de Gli Ultimi Giorni di Marco Pantani è di non essere una semplice trasposizione in immagini del libro di partenza, ma un'opera a sé che si accosta e arricchisce l'originale, migliorandone la scorrevolezza e interpretando il messaggio di Brunel senza travisarlo.Recensione di Gli ultimi giorni di Marco Pantani su Mangaforever
L'impegno di Rizzo va appunto ricercato nella struttura, molto dinamica e cinematografica, che ha conferito alla storia, dando sicuramente motivo di lettura anche ad un pubblico non prettamente appassionato di ciclismo o della figura di Pantani, che in queste venature di mystery può trovare una trama avvincente da seguire.